Visit Ginosa&Marina

Chi era Santa Veneranda prima patrona di Ginosa?

Chi era Santa Veneranda la prima patrona di Ginosa?
Com’è avvenuto il passaggio dal culto di questa Martire della Chiesa orientale, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, alla dedicazione di Ginosa a Maria Santissima del Rosario nel 1765?
A questa domanda ha dato una risposta il convegno svoltosi nella magia della Chiesa Matrice di Ginosa, primo appuntamento a cavallo delle feste di aprile per la Madonna Dattoli della ricca serie di incontri di approfondimento a corollario dell’evento “Alternis Praesidium”, che, organizzato dall’Associazione Visit Ginosa&Marina, grazie al bando Puglia 365 di Puglia Promozione, il prossimo 18 e 19 maggio, con replica il 25 e 26, darà rivivere proprio nello splendido scenario della gravina di Ginosa, lo storico passaggio di testimone tra i due culti identitari della nostra devozione popolare; il tutto con degustazione di prodotti tipici, escursioni a cavallo che vi faranno tuffare nell’atmosfera di un villaggio medievale perfettamente ricostruito, una rappresentazione teatrale che riproporrà i passaggi salienti di una storia orma dimenticata.

Dopo il saluto del giovane e dinamico Priore della congregazione del Santissimo Rosario e Sacramento, Alessandro Giannini, nella relazione centrale, don Domenico Giacovelli, direttore dell’ufficio diocesano per i Beni Culturali ecclesiastici e per l’edilizia di culto, ha tracciato tra storia e leggenda un ritratto della prima patrona della comunità di Ginosa, che in epoca tardo medievale, apparteneva alla diocesi di Acerenza.
Santa Veneranda, ha puntualizzato don Domenico, nota anche come Santa Parasceve, si perde nella tradizione del martirologio cristiano, fino ad essere considerata quasi una santa simbolica, insieme alla famosa Santa Sofia, ad identificare la virtù teologale della Fede.
L’aneddotica agiografica legata alle origini di rito orientale, che per certi versi prendevano le mosse dal calendario esseno, il culto di Veneranda sarebbe legato, alla vera e propria risurrezione di Cristo.
Secondo la tradizione piú recente, Veneranda, figlia dei cristiani Agatone e Polena, si era dedicata, come vergine, a prendersi cura dei poveri e all’insegnamento ai candidati al battesimo femminile. All’età di 39 anni lasciò la sua patria, la Gallia, all’epoca provincia romana, e andò a Roma dove, durante la persecuzione dei cristiani da parte dell’imperatore Antonino Pio, venne catturata, torturata e infine decapitata dal prefetto Asclepio.
Altre versioni trasferiscono il suo martirio nella sua patria. Ad Acireale, in Sicilia, sostengono che sia nata lì e lì sia morta il 26 luglio del 143 e sepolta il 14 novembre dal cristiano Antimo.

Dall’analisi dei reperti ossei, si è potuto constatare che al tempo del martirio, avvenuto a Roma, doveva essere una giovane di età compresa tra i 20 e i 25 anni. Fu sepolta nella catacomba di Calepodio.
Per alcuni anni si è avvalorata l’ipotesi, smentita già nel secolo scorso, che la Santa fosse la stessa raffigurata sull’arcosolio della matrona Veneranda nelle Catacombe di Domitilla.
Ad Acireale vengono venerate le reliquie di Santa Venera, o Veneranda; a lei sono dedicate diverse chiese in Sicilia, come ad esempio ad Avola, Marsala, Santa Venerina ed altri. Anche nella località di Santa Venera a Malta, c’è una chiesa a lei dedicata.
Non è chiaro se il nome Veneranda sia il nome proprio della Santa o se sia un nome attribuito alle sacre ossa, dopo il ritrovamento. Padre Simpliciano scriveva nel 1650 a Padre Tebaldeo: Ho qua ottenuto il corpo di S. Veneranda; quale sebene come che patì qui in Roma il suo martirio, non possa dirsi esser quella che stà notata nel Martirologio Romano, che lo patì in Franza; ad ogni modo potrebbesi di essa fare l’offitio il giorno medesimo, che pare sia il quattordecimo di novembre; nel quale cade la Commemorazione di quest’altra. Ciò toglie ogni dubbio sul fatto che le ossa ritrovate non appartengano a Santa Venera, detta anche Veneranda.
Ma cosa c’entra Santa veneranda con Ginosa?
Il suo culto viene fatto risalire ad un primo insediamento dei monaci orientali, sul quale poi si sarebbe innestato il convento benedettino e poi quello dei Cappuccini.
Secondo i registri della diocesi di Acerenza e facendo fede alle carte topografiche e alle ricostruzioni toponomastiche antiche presenti negli archivi San Pietro, a Santa Veneranda nella comunità di Ginosa è fatta risalire una grande festa con mercato già presente nella terra delle gravine a partire dal medioevo.



Con il decadere del martirologio orientale, anche la devozione verso questa Santa, a Ginosa come altrove, doveva finire nell’oblio. Le chiese e le parrocchie cambiarono progressivamente dedicazione e la Chiesa matrice di costruzione più tardiva, venne dedicata prima San Martino e poi alla vergine Santissima del Rosario con decreto vescovile del 1765.
Ciò nondimeno, secondo le note di Don Domenico, che vi ha dedicato uno studio monografico e che ha documentato dettagliatamente le varie fasi intermedie, aiutandosi con i vari quadri presenti in chiesa, il culto legato alla devozione per la Vergine del Rosario. era di gran lunga antecedente a quegli anni, tanto che la tradizione popolare fa risalire alla Madonna del Rosario l’interruzione di un grave periodo di siccità in cui Ginosa patì grandi miserie e calamità. I contadini stremati si rivolsero a Maria Santissima del Rosario, che miracolosamente mando giù una pioggia a catinelle per giorni, permettendo al paese di riprendersi e salvandolo da una morte sicura e lenta.
Secondo le ultime rilevazioni, l’ultima statua di Santa Veneranda presente a Ginosa, venne distrutta dal rovinoso terremoto del 1857.
La chiesa matrice di Ginosa nasconde molti altri tesori di devozione e fede, che verranno svelati nel corso dei prossimi incontri fino ad arrivare all’evento del 18 maggio Alternis Presidium , che vedrà risuonare tra le navate l’antico organo settecentesco ristrutturato con l’antica uccelliera e con il suono delle zampogne.
Come ha rilevato in conclusione sindaco di Ginosa Vito Parisi, bisogna continuare l’opera di riappropriazione dei luoghi identitari di cui la Chiesa madre é il simbolo più forte e visibile. La politica deve farsi carico di questo nuovo ritorno alla terra e alle radici che, come ha puntualizzato il consigliere delegato al recupero dei beni culturali, l’archeologo Angelo Moro, affonda le sue origini nel patrimonio magno greco del nostro territorio.
In quest’ottica verranno presto recuperati il castello normanno e il museo civico, che diverrà sede, della nostra prima biblioteca di comunità.

Per ulteriori informazioni : https://www.visitginosa.com/alternis-praesidium

Fonte: Il Cuneo