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Le turbolenze di Piazza Nuova e Piazza Vecchia

Particolare del Sedile

‘Ci t’ acciaff te fa vedè ce iòre jè !!! ‘ …

è stata la minacciosa frase che molti figli ginosini si sono sentiti ripetere dalle loro mamme quando, inutilmente, li rincorrevano per acciuffarli e punirli per qualche marachella.
Quella apparente illogica espressione ha sempre stuzzicato la mia curiosità. Non capivo il nesso tra un sonoro ceffone ed il quadrante dell’orologio.
Mah! Stranezza dei grandi… pensavo!
Invece, quella espressione era “molto comprensibile” fino al 1819, essendo legata alla presenza di un edificio ginosino: il “Sedile”. Era situato in quella che divenne ‘Piazza Nuova’, ora conosciuta come Piazza Orologio.

“La Piazza Nuova consiste in un bel quadrato. Nel mezzo si eleva una alta piramide sormontata da una cupola sotto la quale è un orologio che suona le ore ed i quarti, ed è fiancheggiato dai palazzi dei Signori Miani, Tarantini, Strada, Sannelli e Giancipoli, i quali venivano oscurati da un vecchio e grande locale, altra volta destinato per Sedile, per Casa di Giustizia, per prigioni e per pubblico orologio. Le dette famiglie, dietro reiterate istanze, ed anche per cooperazione delle autorità locali e del Sottointendente Guarini, furono nel 1819 autorizzate a demolirlo e a costruire a loro spese la piramide per collocarvi la macchina del detto orologio” (G. Glionna, Ginosa Terra d’ Otranto).
Tra gennaio e maggio 1820 i Signori fecero costruire la torre a tre piani con orologio spendendo 275,58 ducati su un preventivo di 108 iniziali.
Il Sedile di Ginosa era l’edificio che conteneva il Comune o Università, l’ ufficio delle tasse e vi si amministrava anche la giustizia con annessa gogna e prigioni.

Fu costruito nella metà del XV sec. in una Genusium che possiamo immaginare attraverso l’ammaliante skyline dipinto in un medaglione floreale

Tondo floreale di Ginosa (Salone degli Stemmi, Matera)

facente parte del meraviglioso affresco della volta del salone dell’Episcopio di Matera (datato 1709 e voluto ad eterna memoria dall’Arcivescovo Frate Antonio Maria Brancaccio) e dal quale si osserva una veduta in prospettiva molto minuziosa.
Attirano l’attenzione il mastodontico castello con il ponte a quattro arcate, la Chiesa Madre, le case palazziate, l’alveo della gravina…
Ma lo sguardo è catturato da un imponente edificio con portici e adiacente torre a tre piani che si scaglia nell’alto orizzonte.
Apparve così, nel 1700, “il Sedile” al cartografo-disegnatore che giunse a Ginosa per osservarla e poterla raffigurare? La veduta rappresentata è quella che si poteva osservare dalla strada che attraversava il Casale e conduceva a Laterza (altro paese che doveva essere raffigurato in un tondo del salone dell’Episcopio).

I palazzi del Sedile che si ammirano ancora oggi nella nostra Puglia sono costruzioni maestose dal fascino innegabile, esteticamente gradevoli, eleganti ed armoniose, arricchite da archi, statue, fregi e su tutti fa bella mostra di sé un grande orologio.
Il bellissimo palazzo Sedile di Matera (la cui facciata barocca presenta un maestoso arco centrale affiancato da due torri campanarie di cui uno ospita un orologio e l’altro una meridiana) un tempo era la sede del Municipio ed oggi è la sede principale del Conservatorio.
Quindi, il Sedile di Ginosa, “vecchio e grande locale”, era stato costruito con canoni diversi?
Qualcos’altro, a mio parere, determinava il malcontento dei Signori.
Sicuramente era fonte di disturbo a causa delle funzioni che lì si espletavano e non perché offuscava i palazzi gentilizi circostanti, che furono costruiti molti anni dopo.

Torre dell’ Orologio, Piazza Nuova

La ‘Piazza Nuova’ cominciò ad assumere l’aspetto odierno con la costruzione del palazzo Miani (ex scuola Carducci) risalente al 1637.

Il palazzo Tarantini fu costruito nel 1730-1740.

Il palazzo Strada nel 1739.

Il palazzo Sannelli e il palazzo Giancipoli erano a Largo Cortina, distanti quindi dal Sedile per poter essere “oscurati”.

Ma cosa disturbava la quiete di quella zona, da provocare “reiterate istanze”?

Il dottor Angelo Ricciardi in “Ginosa-Nella storia e nelle cronache” scrive:

Torre dell’ Orologio, Piazza Nuova

“Al centro del vasto cortile del Sedile v’era la gogna, un grosso palo, al quale con collare da animali da tiro era legato il reo esposto alla derisione dei cittadini”.
La gogna, quindi?!?
Alla gogna venivano esposti delinquenti di poca importanza che subivano, però, inenarrabili punizioni dal popolo, che non si risparmiava con le umiliazioni che andava ad infliggere con materiali di varia natura, comprese le feci ed il letame.
Al collo del reo, a volte, veniva appeso un cartello con su scritto il nome del reato commesso.
Il tempo della gogna era variabile, in funzione della gravità del reato, ed andava da 2 a 48 ore.

I lamenti e le imprecazioni del reo e gli schiamazzi del popolo si diffondevano a tutte le ore nel circondario, determinando una situazione snervante, degradante e non più sopportabile anche igienicamente.
Inimmaginabili le torture e le umiliazioni che il reo subiva dalla folla o dai carcerieri; poiché il tempo di condanna alla gogna scorreva lentamente, molto spesso i condannati aprivano faticosamente gli occhi imbrattati, come tutto il viso ed il corpo, con ogni lordura ed alzando lo sguardo, cercavano il quadrante dell’orologio che abbelliva il Sedile, per vedere quanto tempo mancava alla fine di quell’interminabile supplizio inflitto anche dagli agguerriti insetti che svolazzavano sulla sporcizia circostante.
Ma, nonostante l’eliminazione della gogna, in quella contrada non ci fu serenità. Poco distante da ‘Piazza Nuova’, c’era ‘Piazza Vecchia’, che era il punto centrale del paese di allora.

“Nel mezzo di Piazza Vecchia c’era l’ammazzatoio di tutti gli animali”, racconta Angelo Miani.
Il macello fu sempre tollerato anche in funzione dell’insabbiamento delle “lamentele” e denunce che venivano effettuate dai cittadini lì residenti.
Sentire le grida strazianti ed i gemiti degli animali che venivano macellati generavano negli animi ‘gentili’ delle cittadine sentimenti di orrore e disgusto. Durante l’inverno, tempo dell’uccisione dei suini ed il conseguente bruciamento delle loro setole, si generava una intollerabile puzza, mentre l’estate disturbavano terribilmente le nauseanti esalazioni dei reflui ed il fumo dei fornelli delle beccherie, numerose in quelle contrade. Disgustava anche la vendita della ‘mortacina’; ossia, le carni di animali morti nelle campagne che, esposte ai caldi raggi del sole, erano in fase di inizio putrefazione.
In nome della civiltà e modernità, con decreto del 27 dicembre del 1863, il macello fu spostato in via Porta Vecchia, strada abitata e frequentata ed unica via d’accesso all’antica Chiesa Madre, riaperta da pochi anni al culto.
Sorvoliamo, ovviamente, sull’immancabile vociare, sulle sguaiate imprecazioni, sulle risate dei monelli che stazionavano nel circondario per assistere allo ‘spettacolo’ della mattanza e su altre situazioni che rendevano la vita di quella contrada un incubo infinito.

Autrice: Antonietta Buonora