Un insolito affresco della Madonna di Loreto nella Chiesa Matrice di Ginosa (Ta) | Culto e divinità dei pastori in transumanza
INTRODUZIONE
A seguito di recenti lavori di restauro (2003-04) che hanno previsto anche la rimozione dei recenti dipinti della prima metà del ‘900, nella Chiesa Matrice di Ginosa sono ritornati alla luce, ormai da tempo, una serie di affreschi di XVI-XVII secolo. All’interno, sulla destra del portale principale dell’edificio (edificato tra la fine del XV e gli inizi del XVI sec.), su una superficie di 176 × 104 cm, vi è la raffigurazione di una bella donna seduta, dall’espressione serena e dalle sembianze meridionali, in abito non propriamente aristocratico, ma con un richiamo all’ambiente domestico: un modesto copricapo bianco, una mantellina bianca che copre la spalla destra, un vestito color porpora e un mantello blu rigonfio, sorretto dalla mano sinistra di un bambino nudo che porta in braccio; è seduta su un trono, del quale si scorge lo schienale molto sommario e in verde scuro. Una rappresentazione che in un ambiente sacro come una Chiesa richiamerebbe incondizionatamente quell’idea diffusa che si ha della Madonna, priva però, com’è in questo caso, di ogni attributo che lo lasci pensare.
In basso, ai piedi di questa raffigurazione di madre, vi è quella di un edifico sacro, una Chiesa con facciata e copertura a salienti, con torre di campanile e un edificio a parte a pianta circolare con cupola sommitale.
AUTOPSIA EPIGRAFICA
In alto, a destra della figura femminile, immediatamente sopra la copertura del campanile, si estende un’iscrizione esegetica dipinta in bruno che prosegue a sinistra della donna. È in capitale quadrata e riporta questo messaggio:
Che sciolto dalle sue abbreviazioni e lacune si legge: s(ancta) ma(ria) de loret[i] ‘Santa Maria di Loreto’
Il testo è su due righi ed è privo di specchio epigrafico, con lettere di modulo 35 × 30 mm rese in chiaroscuro con un pennello piatto, come si evince dalle aste verticali larghe rispetto a quelle orizzontali, dal valore esornativo. Le lettere possiedono grazie lineari a destra e a sinistra delle aste verticali, in alto e in basso per quelle orizzontali, eccetto per la E di LORE, verso l’alto. I segni d’interpunzione sono circolari e a virgola e distinguono, in posizione centrale, le due iniziali di abbreviazione (· S · M ·); sulla M è ascritta una A nana complementare all’abbreviazione ma(ria). In basso, a chiusura dell’intera opera, ed evidenziata da una lunga soprallineatura che scorre sopra di essa, una seconda epigrafe nella medesima scrittura, dipinta in bianco su blu scuro, riporta il seguente messaggio:
Che sciolto almeno dalle sue abbreviazioni e molte lacune si legge: [ec]ce op(us) f(ecit) fran(cisco) d(e) ioâ(nne) saṋagio salino[—]
‘Ecco l’opera che ha commissionato (ha fatto fare) Francesco di Giovanni Sanagio Salino’.
Esso si sovrappone non proprio ad un’ordinatio, ma ad una minuta graffita con una punta, secondo un ductus posato, tracciata prima che venisse dipinto.1 Il testo, alla base della cornice dell’affresco, è su un rigo privo di specchio epigrafico, con lettere di modulo 35 × 30 mm prive di chiaroscuro e che possiedono le medesime grazie delle precedenti. I segni d’interpunzione per le abbreviazioni sono circolari, localizzati al centro (OP · F·T) e alla base delle abbreviazioni dei nomi, tranne IOȂ dove risulta assente, e OȂ sono rappresentate in nesso come i dittonghi, pur disponendo del circonflesso a distinguerne i due suoni vocalici. Un secondo nesso è tra NA di SANAGIO, mentre una ‘i’ nana minuscola è all’interno di L, probabilmente per risolvere un errore o per ridurre la lunghezza del messaggio.
La prima epigrafe dipinta in alto riporta chiaramente l’intitolazione di quella donna come Santa Maria di Loreto. La seconda il nome del committente, un certo Francesco (figlio?)2 di Giovanni Sanagio3 Salino.
ANALISI E CONFRONTI DELL’ICONOGRAFIA
- Infatti le lettere graffite sull’intonaco e visibili a luce radente, non coincidono con le lettere dipinte.
Le lettere più evidenti sono IO (in D. IOȂ), AGI (in SANAGIO), FVIT (in SALiNO), dove in quest’ultimo caso le lettere graffite corrispondono ad una variante precedente del messaggio, modificato in corso d’opera.
- Il probabile patronimico seguito dal cognomen, Sa
- Il nome Sanagius è già attestato nel IV sec. C. «Smagius oder Sanagius, lebte zu Anfang des vierdten Jahrhunderts und war Bischoff zu Bigerra in Spanien»: “Smagius o Sanagius, vissuto all’inizio del IV secolo, fu vescovo di Bigerra in Spagna”. Johann Heinrich Zedler, 1732-1754. “Grosses vollständiges Universal-Lexicon Aller Wissenschafften und Künste.” Grande lessico universale completo di tutte le scienze e le arti. § Fu vescovo in Betica nel IV sec. d.C. Guyon, J., François, B., Cantino Wataghin, G., Heijemans, M. 2016. ‘La diffusion du Christianisme et ses incidences topografhiques sur les villes et les campagnes de l’Occident Costantinien.’ Acta XVI Congressus Internationalis Archaeologiae Christianae, 2013. Ed. Fiocchi Nicolai, V., Brandt, O., Castiglia, G. ‘Costantino e i Costantinidi. L’innovazione Costantiniana, le sue radici e i suoi sviluppi,’ Pars I. p. 70. <https://halshs.archives-ouvertes.fr/halshs-01465077/document>
La donna con bambino quindi è la Madonna di Loreto, ma ai più balzerà agli occhi il colore della sua carnagione: la Madonna di Loreto, infatti, ha la carnagione nera ed è in piedi, statica. Un confronto si ha con un simulacro ligneo del 1633 (per altri antecedente al XVII sec.) della Madonna di Loreto che si festeggia nella molisana Capracotta in provincia di Isernia, dove la Madonna bianca è seduta ed è protettrice dei pastori (‘pellegrini’ delle greggi e delle mandrie).4 Bianca è anche la Madonna di Loreto patrona di Arenabianca, una frazione di Montesano della Marcellana, in provincia di Salerno, questa volta non seduta, ma con tunica rossa e mantello blu. Un confronto molto vicino al nostro caso è quello del simulacro ligneo secentesco della Madonna di Loreto che si festeggia a Molfetta (Bari), nella Chiesa di Santa Teresa. La Madonna è bianca e seduta sulla sua Chiesa, veste una mantellina bianca, una tunica rosso porpora e un mantello bluastro; la Chiesa non ha pianta a croce latina bensì rettangolare ed è a capanna con cupola sormontante; la torre del campanile è a sinistra dell’ingresso ed è a sezione quadrata. Nell’affresco di Ginosa, invece, l’edificio in basso è a copertura a salienti e a pianta rettangolare, con campanile a pianta quadrata a destra dell’ingresso e un secondo edifico lacunoso a sezione circolare voltato a cupola, separato dal resto della chiesa, quasi fosse un battistero. Se osservassimo la pianta del santuario lauretano, essa è a croce latina e sormonta nell’intersezione da una grande cupola di 1500; un campanile a pianta ottagonale, peraltro terminato nel 1754 probabilmente in sostituzione di un precedente, è ubicato a destra dell’ingresso principale; l’attuale facciata della chiesa, terminata nel 1587, è a salienti ma di resa architettonica ben più gradevole e articolata.
CONCLUSIONI
La figura femminile con bambino rappresentata nell’affresco della Chiesa Matrice di Ginosa, raffigura la Madonna di Loreto. Essa riflette una tradizione iconografica diffusa in alcuni centri dell’Italia meridionale di XVII sec.: ha carnagione chiara ed è seduta, e la si può porre tra quella di Capracotta (seduta su trono) e quella di Molfetta (in prossimità della sua Chiesa), entrambe più o meno coeve all’affresco ginosino. L’edificio rappresentato, tuttavia, delinea uno stereotipo non dissimile da quello della Matrice di Ginosa, modello tardo romanico diffuso e probabile ispirazione per il pittore che non era mai stato a Loreto, o che si basava sul proprio ricordo di località vicine o sul ricordo del committente. Il soggetto femminile ginosino ha però un carattere che la rende differente dalle altre, e lo si identifica nella sua sobrietà, ma anche nell’assenza di attributi ieratici. Questo molto probabilmente per la forte devozione che tra ‘500 e ‘600 vi fu per la divinità lauretana da parte dei pastori locali e dei mandriani in una località a vocazione agropastorale. Ginosa è infatti ubicata in un crocevia5 la cui utenza era quella di viandanti, soldati di ordini religiosi, pellegrini e di transumanze di per sé ‘carovane’ di armenti guidati da mandriani che si allontanavano come pellegrini dal potentino, Daunia e Molise, e che spesso sulle pareti dei loro ricoveri rappresentavano la figura della Madonna, probabilmente con riferimento proprio a quella di Loreto, protettrice dei Pastori come a Capracotta.
- Venditti, 2008. ‘La Madonna di Loreto’. Voria, Giornale di Capracotta, anno 2, n.4, p.7. Cfr. anche Ciummo, O. 2008. ‘Altari lignei del Molise: Chiesa di Santa Maria di Loreto’. p.8, medesima rivista. <http://www.capracotta.com/files/voria/voria2-4.pdf>
- Stasolla, V. ‘Grotta s. Pellegrino (Laterza – Taranto). ‘Nuove valutazioni topografiche e toponomastiche.’ Antrocom Journal of Anthropology, vol. 11, n.2.
<http://www.antrocom.net/upload/sub/antrocom/110215/07-Antrocom.pdf>.
Cfr. anche Petrosino, D. 2005. Ginosa: contrade, strade e piazze di un paese antico. Vestigia Temporis 2, Quaderni della Biblioteca Civica, Comune di Ginosa.
<http://dspace.unitus.it/bitstream/2067/1908/1/petrosino_ginosa_contrade.pdf>
VINCENZO STASOLLA
Archeologo. Coll. Università degli Studi di Bari ‘Aldo Moro’ – vinc.stasy@gmail.com
Fonte: http://www.auditorium.info/wp-content/uploads/Chiesa-Matrice-di-Ginosa.pdf
Articolo Il Quotidiano di Puglia – 5 ottobre 2018